20131007

L'attimo

- Deve proprio finire così...?

La domanda pareva angosciosa, ma forse era solo il vento tagliente che spazzava le strade deserte.

- Deve proprio finire così...?

...No, non deve, ma già mi immagino a camminare tra gli abeti, io che disprezzo il mondo, come se immaginandoli intorno a me potessi sentirmi forte, implacabile, in un territorio a me familiare.

- Deve proprio finire così...?
- Non ho paura del fuoco...

Perché? Perché un pensiero simile? Eppure sotto gli sguardi degli orologi illuminati... questo pensiero fu quello a cui mi aggrappai, per riuscire a non voltarmi indietro.

- Deve proprio finire così...?


20130929

La stanza

La stanza, una stanza interna di un edificio del buon tempo antico, dalle mura solide e rassicuranti, accoglieva il visitatore in quella giornata di festa. Vi si era rifugiato, con lo spirito non tanto discosto da quello di un nuotatore, che issatosi su uno scoglio, osservi il mare contorcersi sotto i suoi piedi, provando un immediato senso di libertà. Complice, l'illusione del silenzio. Illusione, perché a poco a poco i suoni dall'esterno filtravano attraverso le persiane, da sotto le porte, dalle mura stesse, e giungevano a lui. Diversi parevano, come una specie di risacca con una vena minacciosa. Tutto attorno allo scoglio il mare si rabbuiava. E la musica dov'era? Quella è inequivocabile, quando la senti, e invece niente. Solo questo maledetto sciabordio. Potevano sembrare disordini. Rivoluzione. Del resto sempre di istinti si parla, non è un caso che le pentole e le armature si assomiglino, in fondo. Immaginava le barricate, il nostro visitatore. Bancarelle distrutte, assi divelte, spiedi trasformati in picche? Perché no? Le mura reggeranno, sicuramente. Poi poco a poco un altro suono si scavò la via nella sua coscienza. Sempre più incombente, quasi solenne nella sua immutabilità, il ticchettio dell'orologio omaggiava la forza che avrebbe sconfitto qualsiasi muraglia. Ciò che costruiamo con la pietra e con il ferro non è certo più solido di ciò che forgiamo col cuore, e se una festa può mutare in rivolta, se la brutalità e l'eccesso possono manifestarsi in ogni momento, cosa dunque è sicuro? Ed ebbe paura.

20130731

L'uomo che volle guarire

Ogni creatività è la prima destinataria di sé stessa. Di conseguenza per un'opera di ingegno esisterà almeno un piano di lettura, il più importante, precluso a tutti fuorché all'autore, che in quel minuscolo angolo dell'universo da lui creato troverà rifugio e conforto, in solitaria e sublime solitudine. Se ciò è vero, lo è tanto di più per un artista tormentato, che sotto la veste ufficiale del giornalista di ottimo taglio borghese nascondeva l'energia selvaggia e grandiosa ereditata dalle strapiombanti cattedrali delle sue montagne, luogo di grazia e tenebra al tempo stesso. Paura della morte o del tempo che passa? Disarmante coscienza dell'impotenza umana di fronte all'ignoto? Horror vacui per la struttura stessa dell'universo?
La lettura di D.B. può ispirare tutto ciò, e molte sono le sensazioni in me suscitate dagli innumerevoli confronti con le sue opere che mi hanno accompagnato attraverso gli anni (è un autore che conobbi assai presto). All'inizio ovviamente è difficile che un bambino catturi significati reconditi, e il resoconto sulla tragica fine della lugubre Baliverna altro non farà che suscitare domande sulla perizia costruttiva dei frati di San Celso; solo anni più tardi si catturerà la sottile analisi del concetto di causa, conseguenza, responsabilità e destino. Il cane che ebbe modo di vedere Dio potrà far solamente sorridere, così come la tragica figura di Maria Gron verrà sorvolata con appena un banale ricordo di antipatia (lei tanto simile a ciascuno di noi). Un racconto che mi colpì fin da subito fu quello a proposito della guarigione del principe Mseridon, che avendo sconfitto la lebbra a forza di preghiere, animato dall'implacabile desiderio di ritornare alla sua vita fatta di agi e splendori, scopre di aver acquisito insieme alla ritrovata salute una diversa percezione delle cose, e di provare orrore alla visione di ciò a cui aveva anelato per lunghissimo tempo. E' questa una riflessione sull'essenza della grazia, sicuramente venata dall'amara consapevolezza che tutto ha un prezzo, e anche un dono della provvidenza va infine pagato senza sconti. All'epoca in cui lo lessi mi impressionò semplicemente la possibilità che ci si potesse svegliare una mattina avendo perso interesse per qualsiasi cosa. Essendo per carattere portato alla noia, dalla quale emergono a volte discontinui entusiasmi non certo più confortanti di un bicchierino d'acqua fresca sotto il sole, che non dissetando imprime però l'idea del conforto e la consapevolezza di come esso sia comunque negato, la possibilità che anche le poche cose capaci di suscitare in me una qualche reazione potessero perdere tutto il loro fascino mi ha sempre dato inquietudine.
Per fortuna ciò non mi è mai successo.
Fino ad ora.
[...]

20130531

Der Tod und das Mädchen


20130526

Il medico della peste


20130512

Glockenfriedhof, ovvero sulla condizione umana